Perché non vendo preset
Premessa
Questo post è la trascrizione del video uscito all’inizio del 2023.
Ci potrebbero essere parti in cui leggendo potrebbe non essere del tutto comprensibile perché studiato per il video. Spero complessivamente comunque di essere capito.
Intro e premesse
Viviamo in una società dove ci piacciono i soldi, anche perché con quelli ci campiamo. Di conseguenza, spesso mi capita di vedere in giro video tipo “come fare soldi online con la fotografia” e il primissimo consiglio che viene dato è quello di vendere preset.
E allora, oggi vi spiego perché non vendo preset.
Ciao, sono Ken e nella vita faccio foto: di street e ritrattistica principalmente, ma poi mi adatto alla situazione e mi ritrovo a fotografare anche criceti, volendo.
Premettendo che questo video non va preso come un dissing, se nella vostra vita avete acquistato o provato a vendere dei preset sappiate che qui nessuno vi giudica, a parte me.
Partiamo dall’inizio: Cosa sono ed effettivamente a che servono i preset?
In questo video quando parlo di preset intendo i pacchetti xmp che vengono venduti a tot euro per essere utilizzati generalmente su Lightroom e su Capture One. Quest’ultimo, software che ahimé non ho ancora provato pienamente.
In breve: in questi file xmp sono contenute tutte le informazioni necessarie affinché con un click si possa editare la foto da così a così, oppure così oppure così.
Quindi, si può dire che si salta tutto quel noiosissimo passaggio dell’editing e arrivare alla fotografia finale in due secondi. No, falso.
Una volta che si applica un preset, (per quanto riguarda Lightroom, per Capture One non lo so ma penso che il discorso sia analogo) sarebbe il caso di regolare la sua intensità e poi andare a ritoccare piano piano alcuni parametri.
Ad esempio, magari il preset dava un contrasto troppo forte, quindi voi manualmente dovreste andare ad attenuare le ombre o abbassare le luci.
In generale, comunque, dovrebbe farvi risparmiare un po’ di tempo.
Ma allora perché non li vendo? Perché non li ho né li uso.
E a questo ho due motivazioni: una filosofica e una pratica. Partiamo dalla questione pratica.
Come avete visto prima nell’esempio grossolano, la foto editata direttamente dal preset e dopodiché aggiustata non mi fa effettivamente risparmiare chissà quanto tempo. La fotografia viene dettata, come dice la parola stessa, dalla luce. Io edito le fotografie in base al mood che era presente durante lo scatto.
Se volessi veramente risparmiare tempo allora mi basta utilizzare la funzione “sincronizza” di una fotografia scattata lo stesso giorno, nello stesso arco di tempo con delle condizioni di luci simili, dopodiché regolare veramente solo due parametri in croce.
Non utilizzerò mai un preset chiamato, ad esempio, “blue hour” per una fotografia scattata in spiaggia in estate alle 5 di pomeriggio, così come un preset chiamato “golden hour” non lo utilizzerò per le fotografie scattate di notte.
In ogni caso, anche se dovesse essere presente il preset adatto al contesto, continuerò a non utilizzarlo. E la ragione viene da una questione filosofica.
La ragione filosofica
Secondo me, sia quando si tratta di street photography, sia quando si tratta di ritrattistica ma anche in tutti gli altri campi, dal food al paesaggio e all’eventistica, le due domande fondamentali da fare una volta seduti davanti a Lightroom sono:
Quale condizione di luce era presente?
Com’era il mood?
Una volta risposte a queste domande, il secondo processo creativo e defintivo della fotografia avviene qui. Si cerca di enfatizzare ciò che c’era, si prova a nascondere attraverso la desaturazione o altre tecniche elementi e colori indesiderati, aumentare il contrasto dove serve e diminuirlo in altri punti.
E tutte le situazioni che viviamo, sono “delle prime volte”. E lo dico da persona che vive la città di Milano con un occhio da street photographer da ormai 6 anni, dove ci sono stati progressi e voglia di migliorarsi e realizzare qualcosa di nuovo.
E per realizzare qualcosa di nuovo non basta scattare in un luogo diverso, anzi. Per realizzare qualcosa di nuovo serve scattare nello stesso luogo ma in orari diversi con approcci differenti sia in fase di scatto sia in fase di post produzione.
E il discorso è analogo per la ritrattistica.
In questi anni ho cercato la varietà del volto.
Dal 2020 ad oggi ho scattato, a memoria, complessivamente 85 volti differenti, contando sia i progetti personali sia lavori esterni.
Ma da quest’anno l’intenzione, ovviamente per i progetti personali, è di restringere il numero e “tirare fuori” sempre qualcosa di diverso dalla stessa persona.
Personalmente vedo il preset come quella strada sicura, che ti porta nella comfort zone e magari ti garantisce il look finale che tanto definisce il tuo stile, ma allo stesso tempo ti arena e non ti porta chissà dove. Non c’è un’evoluzione.
La creatività parte da zero, dallo sperimentare con il bilanciamento del bianco, le curve, capire quali dominanze dare e in quale modo, se attraverso appunto le curve, oppure dal pannello HSL o dalla calibrazione.
Editare in vari modi una stessa fotografia è un processo creativo che ti porta a definire, la maggior parte delle volte in maniera accidentale, una nuova palette colori e, nei casi più fortuiti, una nuova lettura della luce e della scena.
La fotografia è unica e come tale lo dovrebbero essere anche i colori.
Però, i preset sono un ottimo strumento.
Sì, perché nonostante in questo video stia denigrando dal primo minuto i preset, li trovo comunque utili.
In particolare, come scorciatoie per le operazioni più noiose: la definizione del dettaglio, la riduzione del rumore e l’aggiunta di grana, per dirne alcuni.
Poi, come funzione didattica.
Sì, perché acqusitare i preset di una determinata persona significa acqusitare il know-how per ottenere il determinato look che aspiri e che ti ispira.
E in questo caso non si tratta di depersonalizzazione della propria fotografia né “la commercializzazione di massa della tua arte” (che poi non è un male) e altre cose di questo tono.
Pensate a questo acquisto come se fosse un manuale, come se fosse un libro di ricetta che vi dice che per ottenere quella determinata pasta serve un tot di esposizione, una certa curvatura e una certa saturazione sul rosso, ad esempio. E una volta carpite queste informazioni, state certi che non ve le dimenticherete ma anzi, le farete vostre.
Avrete una visione maggiore nel momento in cui sperimenterete su una vostra foto. Se sapete che quella curva dà quel look, vi chiederete come potrebbe dare una curva simile ma differente nel determinato parametro.
Personalmente, nell’era di un hype esagerato per l’hardware vintage o che sembra tale, come la Fujifilm x100V, ammiro il lavoro fatto e che possiamo trovare in alcuni software come Dehancer oppure il lavoro che sta facendo ma che non è ancora uscito mannaggia di Miguel Santana con spectra film, due di tanti progetti dove si vuole portare tramite software il look vintage nel digitale, replicando alcune tipologie di pelllicole.
È da qui che si può pensare di portare un look nuovo nato dalla fusione tra due similuzioni di pellicola e farsela propria, ad esempio.
E allora il titolo di questo video dovrebbe essere differente: perché non ho ancora venduto i miei ipotetici preset?
Perché alla fine dei conti, se si va a parlare del mio stile fotografico “classico” lo si può individuare in questa ricerca dei toni caldi, in qualsiasi (quasi) condizione di luce. È una ricerca che posso dire essere cominciata coscientemente da quando sono stato a Firenze, nell’estate del 2021.
Una ricerca lunga un anno e mezzo con all’interno una serie di esperienze che hanno coinvolto l’evoluzione del mio stile, la volontà di perfezionare e la capacità di lettura di una determinata scena. Uno stile che possa essere definito senza tempo. Uno stile solido, che un giorno sarà nell’effettivo scalabile su tutte le fotografie, ma non oggi.
Conclusioni
Arrivando alle conclusioni di questo video, non so quando troverò “il look ufficiale”, quello dove so sin dal primo istante, ancor prima di scattare la fotografia, ciò che voglio andare ad ottenere, quel punto dove saprò quali sono i colori pronti ad essere commercializzati ed essere a disposizione del sapere di tutti.
Quel punto dove tutto sarà ripetitivo e industriale e vorrò ricominciare da zero, cercando nuovi colori.